Ogni anno in Italia vengono impiegate circa 150.000 tonnellate di prodotti fitosanitari.Che finiscono per inquinare l’acqua. Il beneficio per le produzioni agricole che deriva da queste sostanze – spesso indicate col nome di pesticidi – non è in discussione, ma il loro uso pone questioni in termini di possibili effetti negativi sullâuomo e sullâambiente. La maggior parte di esse, infatti, è costituita da molecole di sintesi concepite per combattere determinati organismi nocivi e per questo generalmente pericolose per tutti gli organismi viventi. Lo ha reso noto lâAPAT (Agenzia per la protezione dellâambiente e i servizi tecnici), nel corso della conferenza stampa di presentazione del Rapporto sul piano nazionale di monitoraggio, coordinato nel triennio 2003/2005. I pesticidi (o prodotti fitosanitari) sono le sostanze utilizzate per la protezione delle piante.
Sono circa 400 le sostanze attive annualmente utilizzate in Italia, presenti con diverse formulazioni in alcune migliaia di prodotti commerciali. Molte di queste sostanze, peraltro, sono presenti anche nei biocidi, prodotti che trovano impiego in vari campi (disinfettanti, conservanti del legno, pesticidi per uso non agricolo, antincrostanti, ecc.), per i quali non si dispone di informazioni equivalenti circa le quantità utilizzate e non è possibile pertanto quantificarne lâincidenza in termini ambientali. In particolare, sono stati rinvenuti, nelle acque italiane, 119 diversi tipi di pesticidi: 112 in quelle superficiali, 48 in quelle sotterranee. Essendo concepite per combattere organismi nocivi per le produzioni agricole, queste sostanze sono potenzialmente pericolose anche per lâuomo e gli esseri viventi in generale. Nel 2005 (ultimo e più rappresentativo anno di indagini) i controlli hanno riguardato 3.574 punti di monitoraggio e 10.570 campioni, per complessive 282.774 misure analitiche.
Nelle acque superficiali è stata riscontrata la presenza di residui in 485 punti di monitoraggio (47% del totale), nel 27,9% dei casi con concentrazioni superiori al limite stabilito per le acque potabili. Nelle acque sotterranee sono risultati contaminati 630 punti di monitoraggio (24,8% del totale), nel 7,7% dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità . Gli erbicidi sono le sostanze largamente più rinvenute. La presenza, generalmente riscontrata, di miscele di sostanze (fino a dodici composti diversi) e le lacune conoscitive in relazione ai possibili effetti cumulativi impongono particolari cautele. Per alcune sostanze la contaminazione è molto diffusa, interessa sia le acque superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni e prefigura la necessità di interventi di mitigazione dellâimpatto.
Tra queste gli erbicidi triazinici e alcuni loro prodotti di degradazione (metaboliti). Particolarmente critica è, infatti, la contaminazione da terbutilazina diffusa in tutta lâarea padano-veneta ed evidenziata anche in alcune regioni del centro-sud: è risultata presente nel 51,5% dei punti di campionamento delle acque superficiali (nel 29,2% dei casi oltre il limite) e nel 16,1% di quelli delle acque sotterranee (2,7% dei casi oltre il limite). Ancora diffusa (a distanza di un ventennio dal divieto) è la presenza di atrazina, residuo di una contaminazione storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato e alla persistenza ambientale della sostanza.
Rilevante è la contaminazione da metolaclor, largamente riscontrata in tutta lâarea padana: è presente nel 33,3% dei punti delle acque superficiali (19% dei casi oltre il limite). Da segnalare, inoltre, la contaminazione dovuta ad alcuni erbicidi utilizzati nelle risaie: particolarmente significativa quella del bentazone nelle acque sotterranee, con lâ11% dei punti di campionamento in cui sono state rilevate concentrazioni superiori ai limiti di potabilità .
Valido nel triennio 2003 â 2005, un accordo Stato â Regioni ha affidato allâAPAT il coordinamento del monitoraggio, consentendo di avviare la realizzazione di un sistema organico di controllo e di gestione dellâinformazione su questo importante tema. In precedenza, infatti, i controlli, svolti dalle regioni, erano disomogenei, in particolare per quanto riguarda la scelta delle sostanze, spesso limitata a pochi composti non correlati agli usi agricoli. Il piano, riorientando le indagini sulle sostanze effettivamente utilizzate nel territorio e individuando le priorità in relazione ai potenziali rischi ambientali, ha posto le premesse per la razionalizzazione e lâarmonizzazione dei programmi regionali di monitoraggio.
Il Commissario Straordinario dellâAPAT, Giancarlo Viglione, ha voluto così commentare quanto emerso dal Rapporto: âLâattività coordinata dallâAPAT sul monitoraggio della presenza di pesticidi nelle acque italiane ha già evidenziato risultati di sicuro interesse. Il nostro impegno è affinché il lavoro continui e possa essere esteso a tutte le regioni italiane, per avere un quadro sempre più preciso della situazione. Cercheremo quindi di rinnovare lâaccordo Stato â Regioni, ora scaduto, da cui questa attività è nata.â?
Da “Affari Italiani” del 31 Luglio 2007