L’Associazione H2O Milano ha deciso di aprire sul proprio sito web una sezione dedicata alla recensione di libri che affrontano i temi legati alla sostenibilità, all’etica e all’impegno sociale nei confronti delle risorse della terra, dell’economia circolare, con un focus particolare sulla risorsa acqua.
Pensiamo sia importante contribuire a stimolare le persone alla lettura e poter dar loro un suggerimento da chi da tanti anni si occupa di sostenibilità e della cultura dell’acqua ma soprattutto, attraverso le recensioni, cercare di aiutare l’intera editoria, specialmente quella piccola e media.
Una esortazione quindi a leggere, a cercare con gli occhi la propria libreria o la pagina dell’ebook reader dove poter conservare l’elenco dei libri che abbiamo recensito.
La differenza finale la fa sempre il Lettore e quindi chiediamo alla Case Editrici di lavorare con noi in sinergia inviandoci i libri che pubblicano e che raccontano scenari e visioni per un mondo e un futuro migliore del pianeta.
Grazie per la collaborazione ed inviate i vostri libri all’indirizzo della sede della Associazione H2O a Milano.
Recensione per libro “Design for the real world” – Victor Papanek –
Unico saggio sul design tradotto in 23 lingue e come libro che racconta il design il più letto al mondo. Per questo non possiamo sottrarci a recensirlo nuovamente a distanza di tanti anni.
Victor Joseph Papanek (22 novembre 1923 – 10 gennaio 1998) l’autore della memorabile pubblicazione “Design for the real world” era un designer e un educatore austriaco-americano che fortemente sostenne l’obbligatorietà di una progettazione socialmente ed ecologicamente responsabile dei prodotti, strumenti e infrastrutture della comunità. Non condivise mai la creazione di prodotti poco sicuri, appariscenti, disadattati o essenzialmente inutili e tutto il suo mondo progettuale è stato da sempre un esempio di ispirazione per molti designer.
Papanek era un filosofo del design e come tale era un instancabile ed eloquente promotore di obiettivi e approcci progettuali sensibili alle considerazioni sociali ed ecologiche.
L’autore stesso scriveva che “…. il design è diventato lo strumento più potente con cui l’uomo modella i suoi strumenti e ambienti e, per estensione, la società e sè stesso”. E continuava:
“Uno dei miei primi lavori dopo aver lasciato la scuola è stato quello di progettare una radio da tavolo”. Questo era il design del sudario: il design del rivestimento esterno delle budella meccaniche ed elettriche. Era il mio primo, e spero il mio ultimo, incontro con il design estetico, lo styling o il design di” cosmetici “.
E affermava: “Solo una piccola parte della nostra responsabilità risiede nel campo dell’estetica”.
Nella sua pubblicazione Papanek scriveva: “Molto design recente ha soddisfatto solo desideri e desideri evanescenti, mentre i veri bisogni dell’uomo sono stati spesso trascurati dai designers”.
Il concetto ricorrente è quindi che non ci si può più accontentare di manipolare la forma tralasciando di indagare sui modelli e dimenticando soprattutto di guardare all’uomo, alle sue necessità e all’ambiente. La cultura del progetto deve ritrovare questa sua vera identità e ribadire quello che lo stesso Papanek tanti anni fa ha documentato con il suo quanto mai attuale saggio, tradotto in Italia nel 1973 con il titolo “Progettare per un mondo reale” , edizioni Arnoldo Mondadori Editore, copia ormai introvabile anche nel mercato dell’usato.
Esistono diverse edizioni e versioni aggiornate in lingua originale (inglese) che ci rimandano al profondo pensiero dell’autore e ciò che mi ha sempre maggiormente colpito leggendo il suo saggio è come Victor Papanek si proponeva alla cultura del progetto: “Come progettisti, possiamo dedicare il 10% della nostra creatività al 75% dell’umanità bisognosa. Penso che persino il designer che gode del maggior successo possa offrire un decimo del suo tempo per i bisogni dell’uomo. Il modo o le circostanze non hanno importanza: quattro ore ogni quaranta, un giorno di lavoro ogni dieci o idealmente un anno ogni dieci da dedicare a una specie di progettazione sabbatica, per l’umanità invece che per i soldi”.
Una grande lezione di vita e non solo di design!
RMA
25/01/2022
Recensione: Al di là dell’acqua – a cura di Massimiliano Camellini – Greta’s Books Editore – Pesaro 2021
Jim Casper disse :”Il linguaggio della fotografia continua ad essere sempre più interessante e complesso, in quanto diventa il mezzo di comunicazione più universale al mondo“ e il modo più semplice per comunicare è quello di rendere l’immagine fisica, stampandola in un libro fotografico.
E le immagini stesse a volte parlano più delle parole come scopriamo nello sfogliare le 112 pagine del libro AL DI LA’ DELL’ACQUA a cura di Massimiliano Camellini, edito da Greta’s Books che racconta un progetto ambientato all’ interno di una nave cargo dove le vite professionali si mescolano alle vite private.
Un libro fotografico che si amalgama al nostro modo di vivere, alla nostra società, ai nostri costumi ma soprattutto alla nostra quotidianità. E infatti troviamo un susseguirsi di immagini, tutte rigorosamente in bianco e nero, in cui i protagonisti principali sono gli oggetti, come le strumentazioni di bordo, le bussole, i pc portatili, i caschi, i letti sfatti, con la totale assenza della figura umana. Un diario di bordo quindi che racconta le cose che ci circondano con la stessa identità materiale che le contraddistingue e che ritroviamo poi nelle nostre case o uffici stanziali e che sopravviveranno a noi stessi.
Una navigazione con oltre il mare con i suoi passaggi del tempo e dei luoghi esattamente come avviene nella vita. Da qui una riflessione che nasce dalla lettura
di queste immagini.
Pur vivendo o in parte subendo la globalizzazione del mondo dove le cose si smaterializzano e pur raccontando gli spazi ristretti ed esigui di una nave cargo attorniata dall’infinito mare, noi umani abbiamo bisogno comunque di una nostra domesticità rappresentata dagli oggetti e di una memoria che testimoni affetti familiari e reti di relazioni sociali, anche se oggi contenuti su smartphone e personal computer.
Il bisogno quindi di un “asse del mondo” come cita Fabio Dei nella sue pagine di commento all’interno della pubblicazione che appare, a noi cittadini del mondo, come necessario riferimento della nostra esistenza e della nostra cultura ma soprattutto della nostra umanità.