VOGHERA (2 febbraio) – Cosa fa un figlio di contadini analfabeti? Diventa ingegnere, fonda unâazienda con nemmeno un operaio ma soltanto ingegneri, conquista il mondo. Roba da Middle West americano? No, accade a Voghera. Al nome di Paolo Stafforini tutti facciamo unâespressione a punto interrogativo, perché a nessuno come al Nostro è cucito bene addosso il detto “Nemo propheta in patria”, visto che in Italia la sua azienda non fa praticamente nulla. Lui dà la colpa ai politici, di qualsiasi colore, e si gode i complimenti dei libici: gli ha dissodato una distesa di sabbia grande quanto lâItalia, acqua dolce – «E anche frizzantina» chiarisce – che dal deserto del Sahara arriva alla costa, mille chilometri più a nord, fertilizzando il nulla e dissetando intere città .
I dipendenti? Tutti ingegneri. Poi la Cina, la Romania, la Russia, lâUcraina, tutto il mondo fuori dai patri confini, tutto con tecnologia italiana, tutto con soldi di banche non italiane. «Perché non mi danno finanziamenti adeguati, e se me li danno chiedono interessi impossibili. E io non sono la Fiat e nemmeno la General Motors. Chi ha idee e capacità è messo fuori gioco. Meglio lâestero» commenta amaramente. La sua creatura si chiama Idreco, depura acqua, tratta scarichi industriali, smaltisce fumi di centrali termoelettriche e di inceneritori. Fattura 65 milioni che conta di raddoppiare quest’anno, e ha cento dipendenti: tutti ingegneri, dal primo allâultimo.
Una storia lunga dal Po al Nilo. Eâ il punto dâarrivo di una storia cominciata con un contadino dellâOltrepò pavese. Emigra negli Stati Uniti, mette da parte un gruzzolo, torna in Italia, fa quattro figli. Tutti studiano, uno di loro è Paolo. Dopo la laurea in chimica a Milano, lavora con aziende americane di impiantistica ambientale. Trentâanni fa si mette in proprio, progetta impianti di desolforazione e degasazione, lavora per lâEnel: a Brindisi, a Fusina, in altre centrali. Quando vede ridotte al lumicino le commesse in Italia, guarda alla Libia. Che non è, si sa, quello scatolone di sabbia che si pensava allâepoca di Giarabub: petrolio, sì, ma anche acqua. A miliardi di metri cubi. Un lago sotterraneo, infatti, lâattraversa per intero dallâAlgeria allâEgitto, a una profondità che varia da centocinquanta ad appena cinque metri, proprio sotto i piedi.
La Ferrarelle del deserto. Nasce un progetto da 250 milioni di dollari. Un migliaio di chilometri a sud di Bengasi ci sono da scavare pozzi, lâacqua va trattata in impianti che tolgano lâanidride carbonica (può intaccare le condutture) e il manganese (troppo fa male alla salute). Stafforini ne mette su 54, con filtri, serbatoi, condotte, e silos da venti milioni di metri cubi di acqua ciascuno. La Ferrarelle del deserto viene pompata fino sulla costa, ed è come trasportare per mille chilometri un fiume grande due volte e mezza il Po. Questa sarabanda da 60 milioni di euro è piaciuta a Gheddafi, che ha lanciato unâaltra gara per 250 nuovi pozzi, trecento chilometri ancora più a sud, dove comincia lâAfrica nera. LâIdreco è in pole position in quella che sta diventando una delle più grandi opere dâingegneria mai realizzate al mondo. E anche questa volta dovrà lavorare con soldi non italiani, però, ma arabi dellâArbitf di Abu Dhabi.
I prossimi progetti, dagli Usa alla Russia. Superando a modo suo i problemi di credito, ha venduto ai cinesi impianti per trattare il gas â?sparatoâ? dalle ciminiere di trenta centrali a carbone; con la coreana Hyundai dissalerà il mare in Kuwait ricavandone acqua potabile; è in trattative per tre centrali di desolforazione in Romania; in Russia e in Ucraina sta per costruire impianti per migliorare la resa degli zuccherifici, con tecnologia sperimentata in Usa, in Egitto, in Austria. Insomma, il mondo corre, lâItalia resta indietro, ma qualche italiano tiene il passo.