ACQUA Nasce la Carta di Saragozza

Così ricicliamo l’oro blu


Un hamburger costa caro: 2.400 litri d’ acqua. Per un chilo di aglio ne bastano 518 e per un chilo di cereali 1.543. Ma per sgranocchiare un chilo di pistacchi bisogna investire ben 10.864 litri di acqua. E per un chilo di vaniglia si arriva a 96.649 litri. I visitatori dell’ Expo di Saragozza restano con il naso per aria, ipnotizzati da queste cifre appese tra cascate di acqua riciclata che simulano un’ abbondanza in via di estinzione. Nel momento del bisogno, quando l’ incredibile accade e l’ acqua viene a mancare, si scopre che la sete è nascosta dove non ce lo aspettiamo. Non minaccia solo i rubinetti ma anche le dispense. Assedia le centrali elettriche che senza raffreddamento si bloccano. Rende precari i bilanci delle industrie a più alto consumo idrico, visto che una semplice T shirt costa 2.400 litri di acqua. E così, dopo tre mesi di Expo sull’ acqua, la città che si è ribellata al furto dell’ Ebro, alla deviazione del grande fiume che la attraversa e che avrebbe dovuto essere dirottato per dissetare la Spagna più arsa dal sole, si prepara a celebrare l’ avvento della Carta che sancisce il diritto all’ acqua. Domani a Saragozza verrà presentato il documento che sintetizza centinaia di seminari a cui hanno partecipato gli esperti più qualificati a livello mondiale, da Vandana Shiva all’ ex ministro dell’ Ambiente del Brasile Marina da Silva. La Carta sottolineerà il diritto all’ acqua come bene indispensabile per la sopravvivenza dell’ umanità, e nello stesso tempo inviterà a spingere sul pedale dell’ innovazione tecnologica per far rendere al meglio una risorsa che si assottiglia. Ma come si farà a garantire un diritto per tutti mobilitando, in carenza di interventi pubblici, i capitali privati di un’ industria che vale già 300 miliardi di dollari? E’ questo il nodo non ancora sciolto mentre il conto alla rovescia prosegue. La situazione di partenza è drammatica: 1,4 miliardi di persone non hanno acqua potabile a sufficienza, 1 miliardo beve acqua non sicura e 3,4 milioni muoiono ogni anno per malattie trasmesse dall’ acqua. E i dati tendono a peggiorare sotto una doppia spinta: da una parte la crescita demografica e dei consumi tira la domanda verso l’ alto, dall’ altra il cambiamento climatico modifica il ciclo dell’ acqua riducendo l’ offerta. «I prossimi anni saranno segnati dalla battaglia contro la sete», prevede Valerio Calzolaio, l’ esperto della Commissione contro la desertificazione che sta preparando il nuovo rapporto delle Nazioni Unite. «Per l’ acqua bisognerà mettere a punto un processo simile a quello avviato dal protocollo di Kyoto per le emissioni di anidride carbonica: quando un bene indispensabile come l’ acqua e l’ aria pulita comincia a scarseggiare, ci vogliono correttivi che consentano ai prezzi di esprimere la verità ecologica. Lo spreco e l’ inquinamento vanno penalizzati: solo in questo modo il mercato può aiutare l’ ambiente, cioè tutti noi». Come nel caso dell’ energia, non si può pensare solo a produrre di più. La proliferazione delle grandi dighe è stata frenata dalle controindicazioni ambientali sempre più evidenti. E i dissalatori hanno un costo energetico ancora molto alto. Più prudente appare gestire al meglio le risorse: riuso e riciclo delle acque sia in campo agricolo (secondo la Fao su 5.000 chilometri cubi di acqua consumati nel mondo, circa 3.500 vanno all’ agricoltura, 1.000 all’ industria e 200 agli usi civili) che nelle case. «Se non si stabilisce il principio dell’ acqua come diritto, la pressione degli investimenti crescenti in questo settore spingerà fuori dal mercato una quota enorme di popolazione», commenta uno dei protagonisti dei seminari di Saragozza, Riccardo Petrella, presidente del Contratto mondiale dell’ acqua. «Nel 2030 ci saranno 2,4 miliardi di esseri umani che abiteranno nelle baraccopoli: affidare tutta la partita a una logica solo monetaria significa privarli dell’ accesso all’ acqua potabile». Mentre intrecciare l’ innovazione tecnologica con i principi della bioclimatica che hanno consentito per millenni la convivenza con gli ambienti aridi rappresenta un punto di equilibrio evidenziato a Saragozza dal Padiglione della Sete, realizzato dall’ architetto Pietro Laureano secondo i principi che permettono alle oasi di battere il deserto. –

ANTONIO CIANCIULLO