In tre anni aumenti anche del 22% in Italia ci sono 356 tariffe diverse
Una giungla di tariffe, regole e contenziosi. Con aumenti incontrollati, investimenti inadeguati, cittadini insoddisfatti. Un problema ancora aperto quello del servizio idrico nazionale, a quattordici anni dalla legge Galli che avrebbe dovuto riordinare il settore aprendo le porte ai privati. Oggi più che mai, nella Giornata Mondiale dell’acqua.
A mettere il dito nella piaga, è il Coviri (Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche), organo che risponde al Parlamento. Che non è l’unico controllore; prolificano ovunque comitati e associazioni di consumatori con l’occhio attento sui rubinetti d’Italia. Un movimento trasversale confluito nel Forum per l’acqua bene comune che ha raccolto oltre 400 mila firme a sostegno di una proposta di legge per tornare al vecchio servizio pubblico. “Era iniziato l’iter per l’esame alla Camera, per adesso un obiettivo è stato raggiunto: il blocco di nuovi affidi alle Spa” dice il ministro Bersani.
Gli aumenti
Incrementi a macchia di leopardo. Da zero al ventidue percento in tre anni (2005-2007), secondo una ricerca di Cittadinanza attiva:aMilano, Campobasso, Catanzaro, città virtuose, con bollette per l’uso domestico senza rincari, si contrappone Firenze, che vanta aumenti record: +8% tra il 2005 e il 2006, +14% nei dodici mesi successivi. E non è sola. Seguono Perugia col +15% dal 2005 al 2007, Torino e Genova +14% e Ancona +10%.
Che cosa significa tutto questo? Un esempio per tutti: se una famiglia di tre persone con un consumo annuo di 192 metri cubi d’acqua vive a Milano spende 105,80 euro; se si trova a Firenze, ne sborsa più del triplo 352 euro.
Difficile comprendere l’affollato mondo delle tariffe del sistema idrico italiano. Ci ha provato il Coviri in uno dei capitoli della prossima relazioni al Parlamento, redatta sulla base di un questionario inviato agli Ato (Ambiti territoriali ottimali) 92 soggetti pubblici creati a seguito della legge Galli, con anche il compito di regolamentare la gestione del servizio, oggi affidato a società, pubbliche, private, o a partecipazione mista). Hanno risposto in 56. Con un esito sorprendente: a ogni Ato risulta corrispondere più di una tariffa.
Il Coviri ne ha scoperte 356, vale a dire 356 diversi bacini tariffari, che giustificano il variegato panorama delle bollette. Un dato sottostimato, scrive il Comitato. Che lo spiega così: Ci sono una pluralità di gestori nello stesso Ato, e tariffe differenti per un unico gestore nel perimetro dello stesso territorio.
Tariffe più alte, si legge nel rapporto, anche a fronte della copertura di investimenti prevista nei piani degli Ato. Di fatto, evidenzia il Coviri, solo la metà degli interventi programmati negli ultimi tre anni sono stati realizzati: su 4.381 milioni di euro in cantiere per nuove infrastrutture, manutenzione straordinaria e altro, ne sono stati spesi 2.147, un dato preoccupante, che investe la valutazione sulla effettuva capacità riorganizzativa prevista dalla riforma, di superare le attuali criticità del servizio.
Rete colabrodo
Investimenti minimi, quindi, a fronte di infrastrutture vetuste, bisognose di ammodernamenti. Come dimostrano i dati sulle disfunzioni della rete. Se, secondo gli ultimi dati Istat, le dispersioni di acqua riguardano il 30% di quanto immesso nelle condutture, uno studio di Mediobanca stila l’elenco delle società con maggiori perdite: a guidare i gestori meno virtuosi c’è l’Acquedotto pugliese, con il 50% del prodotto perso nel 2006, segue Acegas-Aps di Trieste e Padova col 38.6%, Acea a Roma Frosinone e in Toscana col 35.4%, Asm Brescia con il 32, Smat Torino e Vesta Venezia col 30%.
Da “Corriere della sera” del 22 marzo 08