Cina, la grande sete. Milioni senza acqua: deviato un fiume

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La famiglia di sei persone che da giorni condividono una sola tazza d’acqua per lavarsi, sempre la stessa , perchè o così o niente. I militari che in fila versano acqua da catini di plastica, su piantine dal verde così pallido che sembra terra. Il primo ministro Wen Jiabao con la canna dell’acqua in mano, un sorriso ridotto a smorfia, che proclama: le autorità delle aree colpite dalla siccità la considerino la priorità numero uno. Scene d’emergenza nazionale, scene da un Paese che sta facendo i conti con la crisi economica e ora deve pronteggiare anche una catastrofe naturale.

La Cina ha sete. Otto province del nord è a rischio metà del raccolto di cereali, il governo ammette che circa 4 milioni e mezzo di persone quasi non hanno acqua potabile, oltre 2 milioni i capi di bestiamo in sofferenza. In Henan non piove da oltre 100 giorni. Mai così dal 1951. In alcune contee le piogge sono state tra il 50 e l’80 per cento in meno della media, l’Hebei Daily ha segnalato l’area di Cangzhou, dove precipitazioni sono diminuite del 91 per cento rispetto all’inverno scorso. Il ministro dell’Agricoltura, Sun Zhengcai, ha descritto con angoscia i 3-10 centimetri di crosta asciutta che coprono i terreni.

Pechino ha dichiarato l’emergenza nazionale e ha stanziato subito un budget 10 miliardi di euro per aiuti economici ai contadini e quasi 50 milioni di euro ai governi provinciali. Dallo Yangtze, il fiume più lungo della Cina, verranno deviate le acque per attenuare la siccità del Jiangsu, mentre le chiuse del tratto del Fiume Giallo che scorre in Mongolia interna verranno aperte per dare respiro a Henan e Shandong. Inoltre il governo centrale ha deciso anche il ricorso alla pioggia artificiale la dove possibile.

E’ l’atteggiamento di un Paese che, nella sua impetuosa modernizzazione, ha continuato a fare sua la filosofia maoista dell’assalto alla natura. Lo stesso approccio che ispirato la costruzione di dighe colossali. Gli effetti devastanti della siccità, tuttavia, hanno aperto un dibattito proprio sui costi ambientali del modello di sviluppo.

Ci sono di mezzo la natura e il riscaldamento globale, però conta  anche il fattore umano, accusano alcuni esperti. un ricercatore del ministero delle Risorse Idriche, Qiu Weiduo, ha parlato di errori.

Il presidente Wen l’ha scandito: ci giochiamo la ripresa del mercato interno, la nostra economia, è d’importanza vitale aumentare la produzione di cereali e il potere d’acquisto nelle campagne. Ma in Cina è l’inverno dello scontento, ed è un inverno asciutto.

Da Corriere della sera del 9 febbraio 09