“La teoria della sostenibilità secondo McKinsey”: è il rapporto presentato alla Conferenza sul clima di Durban (Resource revolution: meeting the world’s energy materials, food and water needs), dove vengono elencati numeri e strategie della sfida planetaria lanciata. Nel 2030, la middle class vedrà la nascita di tre miliardi di nuovi consumatori: crescerà la domanda di beni; aumenteranno le richieste di suolo, acqua, cibo, energia; si produrranno un maggior numero di emissioni di CO2. Ma le risorse rimarranno le stesse. Ed ecco la sfida che il mondo si troverà ad affrontare nei prossimi decenni: soddisfare i bisogni della nuova classe media in modo sostenibile. Come? Contenendo l’inquinamento globale e puntando su investimenti capaci di trasformare la stessa battaglia per la sostenibilità in una opportunità di crescita. In Italia gli investimenti dovranno essere orientati, soprattutto, in settori carenti, come rifiuti e acqua pubblica. E’ questa in sostanza la “teoria della sostenibilità secondo McKinsey”. “Una sfida che per essere vinta richiede la combinazione di due fattori: l’espansione dell’offerta di risorse (con l’utilizzo sempre più efficiente di fattori scarsi come suolo, acqua, materie prime) e l’aumento di produttività nell’utilizzo di risorse scarse sia nei processi industriali che nei comportamenti dei consumatori”, ha spiegato Alberto Marchi, director McKinsey. McKinsey Global Institute ha stimato che, per soddisfare la crescente domanda, nel 2030 gli investimenti dovrebbero arrivare a una media annua di 3,5 trilioni di dollari (2 trilioni nel 2010). Inoltre, il 40% di questi investimenti dovrebbe essere legato alla necessità di coniugare crescita ed emissioni di CO2. Alberto Marchi ha dichiarato: “Per Paesi sviluppati come l’Italia l’aumento di investimenti indicherà invece l’opportunità economica collegata alla sfida della sostenibilità e il volano della crescita che può rappresentare”. E’ necessario, quindi, cercare nuovi modelli per aumentare la produttività nell’uso delle risorse. Il rapporto individua 15 aree di intervento che potrebbero portare a un risparmio del 75% delle risorse. Innanzitutto, interventi relativi all’efficienza energetica in edilizia: le nuove case non saranno ville, ma grattacieli in grandi città. Inoltre, riduzione dello spreco di cibo: nella seconda metà del decennio 44 milioni di persone diventeranno povere a causa dell’aumento del costo degli alimenti. Ancora, aumento della produttività delle grandi aziende agricole, miglioramento delle tecniche di irrigazione e riduzione degli sprechi di acqua pubblica. Sempre Marchi ha affermato: “L’Italia è all’avanguardia su molte tematiche collegate alla sostenibilità, dal settore siderurgico all’elettrico, uno dei più virtuosi in Europa in termini di emissioni”, grazie all’elevata incidenza di gas e rinnovabili (78% rispetto al 32% della Germania e al 62% della Spagna). “Ma esiste una seconda faccia della medaglia, quella rappresentata dalle difficoltà nel sostenere una base di infrastrutture compatibile con una crescita economica sostenibile. […] Le infrastrutture sono inadeguate per sopperire al bisogno nei centri urbani, il trattamento e la gestione degli effluenti sono regolarmente sotto gli standard europei”, ha aggiunto Marchi. Ad esempio, molte aziende locali registrano perdite sulla rete idrica del 20%; il settore dei rifiuti, poi, registra un 43% di immondizia italiana che ancora finisce in discarica, contro la media del 38% dell’UE. Al contrario, le rinnovabili vedono una notevole crescita, infatti, Marchi ha concluso: “Oggi l’Italia è il paradiso del fotovoltaico, tutti stanno cercando di approfittare dei nostri incentivi per garantirsi una rendita che il consumatore italiano pagherà per i prossimi 20 anni”. Il costo annuo degli incentivi è pari a 6 miliardi di euro, nel 2017 potrebbe arrivare a 11. “Occorre fare attenzione a non impiegare risorse scarse in tecnologie che a breve potrebbero divenire fuori mercato”.