Gli ambientalisti di Seas at Risk chiedono ai paesi europei di ridurre di almeno del 50% il volume dei rifiuti immessi in mare e sopratutto della plastica. I Paesi membri dell’Europa devono, entro il prossimo luglio, annunciare i provvedimenti che adotteranno nell’ambito della Marine Strategy Framework Directive.
Inoltre la Direttiva impone già da 4 anni il monitoraggio dell’inquinamento entro la metà del 2014 per contenere sia le perdite di pesce sia di biodiversità marina. Come se non bastasse la plastica dal mare sarebbe entrata nella catena alimentare.
L’appello è giunto oggi ai rappresentanti di OSPAR le 15 nazioni costiere e insulari europee che sono in riunione a l’Aja da oggi e fino al 20 aprile per discutere delle minacce ambientali nelle acque europee -Environmental Impact of Human Activities Committee.
L’UNEP identifica in navi mercantili, pescherecci, navi da guerra le piattaforme petrolifere off-shore e di gas e imbarcazioni da diporto la fonte dell’inquinamento proveniente dal mare; mentre discariche cittadine, scarico dai corsi d’acqua, reti fognarie e le acque meteoriche sono importanti fonti da basi terrestri. E in mare, ci finisce veramente di tutto.
Spiega Chris Carroll, portavoce Seas at Risk:
L’obiettivo del 50% è ambizioso, ma certamente dal nostro punto di vista è realizzabile e anzi dovrebbe essere considerato il minimo. I programmi d’azione nazionali in scadenza a luglio rappresentano la cartina di tornasole per l’ ambizione politica. Esortiamo i governi a ridurre i rifiuti aumentando gli incentivi per materie plastiche di riciclo, imponendo alle navi di smaltire tutti i rifiuti prima di lasciare i porti dell’UE e sopratutto a potenziare l’applicazione della Direttiva.