Autore: Aldo Cibic
Edito da: Corrani Edizioni
Aldo Cibic (Schio, Vicenza, 1955), come definirlo? Architetto senz’altro, vista la formazione e la “militanza” sotto la guida di Ettore Sottsass e poi l’appartenenza a Memphis, ma pure interior designer e designer tout court. Personalità mutevole e mutante, quindi; ma, sono i casi della vita, in quel di Venezia, alla 12. Biennale di Architettura, è stato fra i pochi a presentare un progetto che non ingenerava la domanda: “Ma sono alla Biennale di Architettura o a quella d’Arte?”.
Critiche a parte che si possono muovere all’impostazione proposta dalla direttrice Kazuyo Sejima alla kermesse lagunare, il valore della proposta di Cibic è indubbio e un merito ulteriore lo ha il libro che l’accompagna. Ripensare la felicità, s’intitolano progetto e libro, con un primo sottotitolo neotestamentario (Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te) e un secondo meno ammiccante e più descrittivo: Nuove realtà per nuovi modi di vivere.
Di cosa si tratta? Di una – anzi, di quattro – riflessioni di carattere urbanistico che hanno coinvolto nell’elaborazione personaggi di assai diversa estrazione: certo architetti, urbanisti, paesaggisti e designer, ma pure sociologi ed economisti, nonché cittadini “normali”, con le loro aspirazioni e i loro bisogni.
L’esito della riflessione è chiara, limpida addirittura: il fil rouge spicca senza ambiguità e si chiama decrescita. Un’impostazione che si riflette palesemente nelle quattro modellizzazioni: si comincia con Nuove comunità, nuove polarità (la situazione: una comunità di giovani lavoratori creativi – in ogni senso – piomba in un paese prealpino e, con l’obiettivo di integrarsi nel tessuto sociale esistente, crea un nuovo polo che arricchisce a sua volta il terreno d’origine. In sintesi: “Lo spazio per integrarsi e diventare una risorsa per il territorio”) e si prosegue con Un campus tra i campi (situazione: una comunità ideata da una start-up ad alto tasso tecnologico per sviluppare un terreno agricolo in laguna. In sintesi: “Una condizione di autosufficienza energetica e alimentare”). E ancora: Urbanismo rurale (situazione: un centro rurale a bassa densità nei pressi di Shanghai, sistemato su palafitte e normato in maniera spiccatamente partecipata. In sintesi: “Servizi condivisi, nuove attività e relazioni in sintonia col territorio”). Infine: Superbazar (situazione: metropolitana e passante ferroviario s’incrociano e, anziché dar vita all’ennesimo non luogo milanese, si crea una zona densa di servizi e ricca di luoghi di lavoro e di vita low cost. In sintesi: “Un nuovo spazio pubblico che ospita attività funzionali”).
Va da sé che osservare con calma e attenzione l’enorme plastico in mostra a Venezia è altamente consigliabile; ma è altrettanto evidente che, in funzione di palliativo o di appunto mentale, il libro dell’editore mantovano incarna alla perfezione il ruolo.