In arrivo le guerre per l’acqua

Il programma di sviluppo delle Nazioni Unite ha indicato che circa 800 milioni di persone nel mondo soffrono costantemente la fame a causa del calo della quota pro capite di acqua potabile, dovuto a fattori climatici, demografici, ed ambientali. Nei prossimi 30 anni, circa 93 paesi soffriranno di mancanza d’acqua, mentre il fabbisogno crescerà del 60 % di fronte ad uno sviluppo delle risorse idriche estremamente basso.

La regione araba che si estende dall’Atlantico all’Iran fa parte delle regioni che soffrono maggiormente della scarsità di fonti idriche. I paesi arabi dovranno investire circa 40 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni per far fronte alla mancanza di riserve di acqua potabile, che ormai rappresenta uno degli ostacoli principali allo sviluppo di alcuni settori strategici come l’agricoltura ed il turismo. Si prevede che i paesi arabi investiranno annualmente l’1 % del PIL per garantire le necessarie risorse idriche, soprattutto nelle città dove si trovano i maggiori addensamenti di popolazione.

Si stima che i governi arabi spenderanno circa 34 miliardi di dollari per estendere e rinnovare la rete idrica, mentre i contributi internazionali si aggireranno intorno agli 8 miliardi di dollari. I governi arabi dovranno fornire i rimanenti investimenti idrici attraverso ulteriori provvedimenti, come l’aumento dei prezzi dei servizi, il miglioramento dei sistemi di riscossione delle imposte, la riduzione degli sprechi e delle perdite idriche attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, anche con il contributo del settore privato.

Si stima che nel mondo arabo circa 45 milioni di persone non abbiano accesso a fonti d’acqua pulita a causa dell’insufficienza delle riserve idriche. Per la maggior parte si tratta di poveri che vivono in regioni isolate o in agglomerati abitativi intorno alle aree metropolitane, e che sono i più esposti alla diffusione di quelle malattie che si trasmettono attraverso l’acqua. La mancanza d’acqua impedisce anche il miglioramento delle loro condizioni economiche e sociali. Milioni di persone si basano tuttora sui venditori d’acqua, spesso organizzati in piccole imprese che offrono questo servizio alle fasce più povere della popolazione.

La desalinizzazione dell’acqua di mare in Arabia Saudita ed in altri paesi del Golfo è considerata una soluzione che può contribuire ad aumentare le riserve idriche a scopi civili e produttivi. Ma i paesi più poveri all’interno del mondo arabo non hanno ancora tentato di sviluppare questo tipo di tecnologia a causa dei suoi costi elevati, e preferiscono cercare alternative meno costose.

Il Qatar è il paese della regione che si affida maggiormente alla risorsa rappresentata dall’acqua desalinizzata, la quale soddisfa il 98 % del suo fabbisogno quotidiano. Segue il Kuwait con una percentuale dell’80 % circa, poi gli Emirati Arabi con il 60 %, il Bahrein con il 50 %, l’Arabia Saudita con il 40 % e la Libia con il 20 %. In Marocco questa percentuale scende ad appena il 2 %. Questo paese ha stanziato diversi anni fa circa 1 miliardo di dollari per costruire alcune dighe e per estendere la rete dell’acqua potabile. Tuttavia, malgrado gli sforzi compiuti dai governi che si sono succeduti negli anni, circa il 10 % della popolazione tuttora non ha accesso a fonti idriche di buona qualità.

In futuro il valore economico dell’acqua costituirà il principio di riferimento nel definire i prezzi di alcuni prodotti e servizi. Il singolo cittadino spenderà circa il 2 % del proprio salario per l’acqua, nonostante gli aiuti governativi. La regione araba si contraddistingue per il predominio dell’agricoltura. Circa l’88 % delle risorse idriche viene sfruttato nell’agricoltura, mentre il consumo idrico a scopi industriali non supera il 6 %, sebbene l’agricoltura contribuisca ad appena il 10 % del PIL nel mondo arabo.

Con il trasferimento di ampie fasce della popolazione dalle campagne alle città, si prevede che nei prossimi 10 anni aumenterà il fabbisogno idrico a causa del cambiamento dello stile di vita, accrescendo il fardello sulle spalle dei governi. La competizione per le risorse idriche è un problema molto antico, tant’è vero che la parola inglese “rival”, che vuol dire “rivale”, “concorrente”, deriva dal latino “rivalis” che significa “colui che utilizza un ruscello utilizzato anche da un’altra persona”, il che testimonia che la “rivalità” originariamente nasce dalla competizione per lo sfruttamento delle acque.

Il vero problema delle risorse idriche comincia quando le acque provenienti dai fiumi, dai laghi, e dalle falde acquifere non vengono gestite nella maniera adeguata. Sebbene all’interno dei singoli paesi siano stati elaborati degli strumenti per risolvere le controversie ed i conflitti al proprio interno, i conflitti fra diversi stati restano in piedi.

L’esempio più classico a questo proposito è rappresentato dal problema idrico nei territori palestinesi sottoposti all’occupazione israeliana, dove la popolazione palestinese è pari alla metà degli abitanti di Israele e tuttavia consuma appena il 10-15 % dell’acqua che consumano gli israeliani. In Cisgiordania i coloni israeliani utilizzano una quantità d’acqua pari a 9 volte quella utilizzata dai palestinesi. Ciò significa che i palestinesi soffrono di una fra le più gravi crisi idriche del mondo. A suscitare il problema contribuisce l’effettiva scarsità d’acqua, oltre che le decisioni politiche. La mancanza d’acqua ostacola la produzione alimentare degli agricoltori e impedisce loro di guadagnarsi da vivere, a causa dello sfruttamento ingiusto ed ineguale dei bacini idrici comuni.

La Siria, l’Iraq e la Turchia condividono uno dei più importanti bacini idrici della regione. Questi tre paesi sono attraversati da numerosi fiumi, fra cui i più importanti sono senza dubbio il Tigri e l’Eufrate. Vi sono poi altri fiumi più o meno rilevanti. Al momento della formazione dei moderni stati del Medio Oriente, all’inizio del XX secolo, ha cominciato a delinearsi il problema idrico legato alla spartizione delle acque in comune fra questi tre paesi. Tuttavia questo problema ha acquisito dimensioni importanti soltanto nell’ultimo quarto del XX secolo, a causa di due fattori. Il primo è la decisione della Turchia di intervenire sulle sorgenti e sul flusso dei fiumi diretti in Siria ed in Iraq, il secondo è l’ingresso della questione idrica nell’insieme dei problemi politici esistenti fra i diversi stati della regione.

Il deterioramento della sicurezza idrica araba è dovuto a numerose cause, la più importante delle quali è l’esiguità delle regioni piovose all’interno del mondo arabo, le quali non superano il 10 % dell’intera regione araba. A ciò bisogna aggiungere il problema della desertificazione e dell’inquinamento delle acque dovuto alle scorie della produzione industriale ed agricola, gli sprechi legati all’utilizzo di sistemi di irrigazione tradizionali, i quali impiegano maggiori quantità d’acqua, ed infine lo sfruttamento dei fiumi negli stati confinanti attraverso grandi progetti idrici, come è avvenuto in Turchia, in Israele e in Etiopia, prima che si giungesse alla firma di adeguati accordi regionali.

Questi fattori sono destinati ad accrescere il divario fra le risorse a disposizione e le quantità d’acqua necessarie per l’industria, per l’agricoltura, e per le necessità della popolazione in continuo aumento. La crescente domanda d’acqua porterà ad un inasprimento della lotta per le risorse idriche in Medio Oriente. L’aumento del fabbisogno idrico, accompagnato dalla crescita della popolazione e dal deterioramento dell’ambiente hanno posto le premesse per il sorgere di conflitti internazionali per aggiudicarsi le risorse idriche.

Samir Tannir è un economista libanese

Da “arabnews.it”