L’azione di prevenzione nel nostro Paese è del tutto assente. Siamo in uno stato di emergenza continua
Bere una buona tazzina di caffè al mattino per molti è una sferzata di energia o un’abitudine intoccabile, ma forse non si pensa al fatto che costa almeno 80 litri di acqua, ossia la quantità utilizzata per coltivare il caffè e per il processo di lavorazione che ne segue. Probabilmente pochi sanno che per un paio di jeans occorrono ben 10.000 litri di acqua, mentre una maglietta di cotone ne “costa” 12.000. Ma ancora non è finita: una ciotola di riso può costare 600 litri e per produrre un kg di grano in Italia occorrono, in media, 2.400 litri di acqua. In Olanda per la stessa quantità ne servono “solo” 600. Sono alcuni dei dati, per molti versi curiosi e per altri allarmanti, pubblicati dal Water Resource Management, che ha messo a confronto i consumi d’acqua per unità di prodotto proveniente dall’agricoltura, in una panoramica internazionale.
Sempre secondo le stime dell’organizzazione che fa capo alla World Bank, l’istituto internazionale che lavora per ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo, in Italia, per usi domestici, c’è una disponibilità media pro capite di 138 metri cubi all’anno di acqua potabile, equivalenti a circa 378 litri al giorno per persona. Ma nella realtà se ne utilizzano effettivamente circa 74 metri cubi, circa 200 litri al giorno, a causa delle molte perdite che si verificano strada facendo, tra cui quasi il 40% da parte degli acquedotti. Di questi, 200 litri al giorno, lo sciacquone di casa ne consuma circa il 35%, il bagno o la doccia il 30%, il lavaggio della biancheria il 10%, il lavaggio di stoviglie il 9%, gli usi alimentari il 6%, l’igiene della casa il 5%.
Ogni estate, nel nostro Paese si torna a parlare del fenomeno della siccità, di emergenza acqua, ma gli italiani continuano a comportarsi da veri “spreconi”. «Sono cifre medie, stime, valutazioni e per questo danno solo un’idea della situazione degli sprechi», afferma Vincenzo Ferrara, coordinatore scientifico della Conferenza Nazionele sui Cambiamenti Climatici 2007. «Anche se le differenze climatiche non permettono un preciso raffronto con gli altri Paesi -continua- questo non basta a giustificare le grandi quantità di acqua consumate dall’Italia».
Sempre secondo i dati del Water Resource Management, per lavare un’automobile si consumano in media 200 litri d’acqua, per il lavaggio dei denti a rubinetto aperto si consumano in media 3 litri d’acqua, per un bagno in vasca circa 200 litri. Ma il problema sono anche gli acquedotti: quelli «più ’spreconì -avverte Ferrara- sono quelli di Cosenza, Latina e Campobasso. Il problema degli acquedotti e quindi quello dell’uso civile è in una dimensione differente: l’agricoltura utilizza il 70% delle risorse idriche totali, mentre l’uso civile solo il 12%. Il 40% dell’acqua proveniente dagli acquedotti è vero che viene sprecata, ma -osserva ancora- rappresenta sul totale una percentuale bassa».
È l’agricoltura «il settore che consuma più acqua con i suoi 40 miliardi di metri cubi per anno, aggiunge Vincenzo Ferrara.»Bisognerebbe provvedere all’etichettatura dell’acqua, in modo tale che ogni agricoltore, in base alla quantità prodotta, renda nota la quantità d’acqua usata, per identificare così chi è più virtuoso«, propone lo studioso.
Un uso efficiente e razionale della risorsa naturale più preziosa può essere l’unica ricetta contro il costante stato di emergenza in cui versa il nostro Paese. «Raccogliere, depurare, riciclare, potrebbe servire a ridurre le esigenze dell’agricoltura, assieme all’utilizzo di pratiche di coltivazione più economiche da questo punto di vista», aggiunge Ferrara. L’acqua è un bene collettivo e quindi rappresenta un problema nazionale, da affrontare con linee guida omogenee. Dall’Assemblea annuale dell’Anbi, tenutasi il 18 luglio a Roma, sono emerse delle proposte interessanti, come la creazione di un’Autorità unica nazionale, cabine di regia e Consorzi di bonifica.
«L’azione di prevenzione, che in Italia è del tutto assente in quanto siamo in uno stato di emergenza continua, – conclude Ferrara – deve essere primaria. Bisogna guardare in faccia ai problemi e affrontarli: in questo modo si può essere ottimisti ed evitare sterili e poco concreti allarmismi». Oltre ai risparmi d’acqua necessari in agricoltura e nell’industria, si può cominciare dai piccoli gesti quotidiani per evitare sprechi. I cambiamenti climatici, indotti dall’inquinamento, ce lo impongono. Insomma, la disponibilità d’acqua diminuisce ogni anno, le località in emergenza idrica crescono di numero, i costi ed i prezzi dell’acqua sono in rapido aumento. A soffrirne è anche il suolo, a rischio di desertificazione.
Green Cross Italia, organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri, ha rilevato che «la percentuale di territorio italiano a rischio desertificazione è di circa il 30%. Questa, negli ultimi 20 anni ha visto triplicare l’inaridimento del suolo e si stima che il 27% del territorio nazionale è a rischio desertificazione. Sono interessate soprattutto le regioni meridionali dove l’avanzata del fenomeno rappresenta nel nuovo millennio una vera e propria emergenza ambientale».
Secondo i dati forniti sempre da Green Cross Italia, il 15% della popolazione italiana, ossia circa otto milioni di persone per quattro mesi l’anno, da giugno a settembre, è sotto la soglia del fabbisogno idrico minimo di 50 litri di acqua al giorno a persona. E al Belpaese spetta un primato negativo: secondo Green Cross Italia, il nostro Paese è quello che consuma più acqua in Europa, il terzo al mondo dopo Canada e Stati Uniti.
da “LA STAMPA” del 23 luglio 2007