La sede della Orange County Water Department è un edificio basso che potrebbe ospitare una qualunque agenzia idrica municipale ma la società delle acque di Orange County, l’aggregato urbano appena a sud di Los Angeles dove abitano 2,7 milioni di persone, ha un paio di particolarità, innanzitutto l’imponente impianto che sorge nel retro: cinque edifici contenenti i più avanzati depuratori d’acqua oggi disponibili affiancati dal laboratorio per le analisi della qualità dell’acqua. Poi c’è l’ubicazione della Ocwd, giusto accanto all’impianto della Orange County Sanitation, cioè il collettore fognario della contea. E poi c’è il condotto, quel tubo diritto che dalle fogne cittadine riversa le acque nere direttamente nei serbatoi dell’acqua potabile. Da gennaio infatti è operativo il primo sistema urbano di «riutilizzo» delle acque di scarico.L’idea della «fogna potabile» non è un’idea completamente nuova in una regione cronicamente assetata, una megalopoli di 17 milioni costruita sostanzialemente fra il mare e il deserto, ossessionata sin dagli inizi del suo moderno sviluppo al’inizio del secolo scorso dall’approvigionamento idrico. Non a caso uno dei padri fondatori più riveriti di Los Angeles è William Mulholland l’ingegnere idrico che negli anni ’20 architettò il «gran furto d’acqua» ai danni della Owens Valley costruendo un acquedotto di 350 km per trasportare sui campi di agrumi di LA le acque dei nevai della Sierra Nevada prosciugando un paio di laghi e riducendo in miseria una fertile vallata (la vicenda che fa da sfondo al Chinatown di Roman Polanski). La California del sud, la regione superpopolata fra Santa Barbara e San Diego, importa oggi acqua dal delta del fiume Sacramento e dal Colorado river, ma tutte insieme queste fonti d’acqua distanti centinaia di chilometri non bastano a soddisfare la sete insaziabile. Gli ultimi dieci anni hanno visto una competizione sempre più accanita fra gli stati del Sudovest (in boom demografico sono anche città come Phoenix e Las Vegas) e fra le città e gli agricoltori che con l’irrigazione trasformano ogni anno milioni di ettari cubici d’acqua in lucrosi raccolti.
Non stupisce allora che le autorità siano sempre alla ricerca di soluzioni alternative per soddisfare la grande sete. Le campagne contro lo spreco sono costanti ma di scarsa efficacia in una regione innamorata dei propri campi da golf e verdi prati all’inglese, la desalinizzazione è oltremodo cara e complessa ed ecco allora l’interesse sempre maggiore per il riciclaggio. In passato però l’idea di purificare le acque nere ha trovato una comprensibile insormontabile opposizione nell’opinione pubblica ma a Orange County hanno preso misure adeguate – ovvero una capillare campagna di educazione e immagine.
«È il futuro non c’è dubbio», spiega Ron Wildemurth il gioviale direttore delle pubbliche relazioni della Ocwd, «la tecnologia è di efficacia ampiamente provata, il resto è soprattutto un questione politica». Si tratta in sostanza di vincere le resistenze viscerali del pubblico e dei politici che lo rappresentano e così si spiegano i diagrammi esplicativi, i video e le brochure illustrate disponibili negli uffici dell’azienda e le visite guidate per il pubblico degli impianti di microfiltraggio, osmosi inversa, irradiazione ultravioletta in grado di eliminare colibatteri, virus, tracce di farmaci, pesticidi e tutti i veleni organici ed inorganici che confluiscono nelle fogne. I tour guidati dell’impianto si concludono tutti davanti ad un rubinetto ad un tiro di schioppo dal collettore fognario, qui la gente riempie e degusta bicchieroni di limpida acqua purificata. L’acqua è talmente pura che vi devono venire aggiunti minerali in quantità sufficienti; a questo punto è potabile ma viene comunque reintrodotta nelle falde friatiche che riforniscono il sistema idrico della contea . «La gente ora è largamente favorevole» spiega Mr. Wildemurth. Ad ogni modo alla Ocwd non hanno dubbi: la purificazione delle acque nere è destinata a trovare un’applicazione sempre più ampia sull’assetato pianeta.
Da “il manifesto”