La chiazza nera continua ad avvicinarsi alle spiagge della Florida nord occidentale. Continuano le difficoltà sul fronte delle operazioni sottomarine, che hanno di nuovo subito un improvviso stop (quando la sega a filo di diamante utilizzata per tagliare la tubazione danneggiata è rimasta bloccata). L’America in costante ricerca di soluzioni ha riunito, in una tavola rotonda a Washington scienziati, ingegneri, oceanografi ed esperti. Tra questi il regista James Cameron (Titanic e The Abyss). Interpellato, dall’Agenzia di protezione ambientale, in quanto esperto di tecnologie sottomarine. Ironia tra i media Usa. Che non ha considerato che Cameron è un appassionato della materia al punto da avere una flotta di mini-sommergibili, piattaforme da esplorazione e robot marini valutati 400 milioni di dollari che nei giorni scorsi aveva messo a disposizione della Bp.
CAMMINARE SULLE ACQUE – «Per fortuna che c’è Cameron che viene in aiuto della presidenza Obama», il commento di Maureen Dowd, editorialista del New York Times, che ha ironizzando sul destino del «candidato che camminava sulle acque» e che adesso è «travolto da una crisi sott’acqua». Anche Bp non ha preso seriamente il regista ipertecnologico di Avatar. E ha rifiutato la sua offerta di aiuto. «In queste ultime settimane ho visto, come tutti noi, con crescente orrore e angoscia, quel che sta accadendo nel Golfo e ho pensato che questi imbecilli non sanno quello che fanno», ha detto il regista. Chi, o che, intendesse per «imbecillli» non l’ha chiarito. Ha però raccontato che l’offerta di aiuto alla Bp e al governo Usa è stata «gentilmente» liquidata dal colosso energetico britannico. «Conosco gente davvero, davvero in gamba che lavora a profondità decisamente superiori a quella in cui si trova il pozzo (un chilometro e mezzo circa sotto il livello del mare)». Certo, lui stesso riconosce che i suoi contatti nel settore non riguardano tecnici di perforazione petrolifera. «Ma -ha detto – molti sono abituati a lavorare con veicoli subacquei e sistemi elettronici di fibra ottica».
BOICOTTAGGIO –Intanto sale la protesta contro Bp in tutto il mondo. E su Facebook già 300mila persone hanno aderito alla campagna di boicottaggio. «Boicotta le stazioni Bp finchè non saranno vuote. Per sempre»: è l’urlo di guerra della campagna che per essere precisa e incisiva segala i marchi che stanno sotto il cappello BP: Castrol, Arco, Aral, am/pm, Amoco e Wild Bean Cafe.
UNA BARRIERA DI ISOLE – La compagnia petrolifera britannica ha intanto annunciato che finanzierà la costruzione di sei barriere artificiali al largo delle coste della Louisiana per proteggere le «wetland», zone lacustri ad alto livello di biodiversità, dall’avanzare della marea nera. Il progetto, ideato dal governo della Louisiana e approvato dopo iniziali riserve dal governo federale, prevede la realizzazione di una barriera di collegamento di circa 80 chilometri tra gli isolotti naturali che fronteggiano le coste dello stato. «Il governo federale e lo stato della Louisiana hanno ritenuto che la realizzazione di isolotti di protezione costituisca una risposta alla minaccia del petrolio, e noi lavoreremo insieme a loro su questo progetto», ha dichiarato l’amministratore delegato della Bp Tony Hayward, spiegando che il progetto costerà circa 360 milioni di dollari, pari a oltre 290 milioni di euro. La BP ha stimato i costi finora sostenuti per arginare il disastro provocato nel Golfo del Messico a circa 990 milioni di dollari, circa 806 milioni di Euro.
TROPPO RISCHIO – Ma la «buona volontà» di Bp non basta ad arrestare la sfiducia dell’agenzia di rating Fitch che ha declassato il rating di Bp a causa dell’incidente alla piattaforma nel Golfo. Il rating sul rischio default a lungo termine passa da AA+ad A. Lo stesso per il«senior unsecured»: entrambi finiscono sotto la lente del Rating Watch Negative. Incide sulla decisione «l’opinione che i rischi continuino a crescere» sull’onda delle conseguenze dell’incidente.
Da Repubblica.it