Ore 10: Lezione di “consumi intelligenti”

Il preside della facoltà di Agraria lancia la campagna a favore di chi è più penalizzato dai rincari

Lui, dello spreco, ha fatto un elogio. Dello spreco scritto però: spr-co. Che tradotto, vuol dire: meno spreco, più ecologia, uguale sufficienza. Perchè l’obiettivo al quale tutti dobbiamo puntare non è quello di recuperare il cibo che viene buttato nei cassonetti per darlo ai poveri. E nemmeno quello di non buttare il cibo nei cassonetti per far fronte ai rincari impazziti di pane, latte e ortaggi.

Dobbiamo sprecare meno, e basta. E’ un imperativo etico. Il modello di sviluppo che stiamo esportando nel mondo, il modello sprecone, è insostenibile. Imperativo alla Gordon Brown.

Andrea Segrè è l’autore di Elogio dello spreco. Ma anche  preside della facoltà di Agraria dell’università di Bologna e uno dei papà di Last Minute Market: il progetto che dal 2000 recupera gli sprechi alimentari della grande distribuzione  per dare a chi non ha: 505 mila pasti offerti nel 2007 e 283 tonnellate di rifiuti evitati.

Il suo punto di partenza : La FAO stima che la produzione agricola mondiale potrebbe nutrire abbondantemente 12 miliardi di persone cioè il doppio di quelle oggi presenti sul pianeta. Come è possibile allora che ci siano ancora oltre 800 milioni di affamati nel mondo?

Quello d’arrivo: Meno spreco vuol dire anche meno rifiuti meno danni all’ambiente , meno inquinamento, insomma più eco. Se poi a ciò ci aggiungiamo il recupero degli alimenti e il riciclaggio dei prodotti, il cerchio tende in un qualche modo a chiudersi.

Fin qui il ragionamento etico. A lunga scandenza. C’è poi quello pratico. Mai come oggi d’attualità. Che interessa il grande spreco, quello aziendale:  il cibo che non si vende ce lo troviamo rincarato sui prezzi. Ma tocca anche tutti noi. Il cibo che finisce dentro la pattumiera, tra sprechi veri e propri e imballaggi (il cui smaltimento chiede un ulteriore esborso di denaro, non dimentichiamocelo), rappresenta la quarta settimana di ogni famiglia.

La quota che si spende per acquistare il cibo incide per circa il 20% sul reddito. Un valore relativo che pesa molto di più sulle fasce basse. Le prime ad aver iniziato a utilizzare le strategie anti-spreco strutturate. Insomma ad aver adottato nuovi stili di vita perchè di questo si tratta.

Vale a dire: spese frammentate e più contenute, niente eccessi nel carrello, meno rigorosità sulle date di scadenza, rocorso a tutte le forme che accorciano la filiera e limitano anche i costi di trasporto. Finora questa è una strada intrapresa da pochi e per necessità, un percorso che, se la crisi continua, verrà via via scelto anche dalle famiglie più ricche. Ma l’obiettivo è di trasformare questo stile di vita in un comportamento normale. Perchè quello con cui dovremo confrontarci tra qualche anno andrà ben oltre la crisi dei consumi. Sarà la crisi del Pianeta.

Da Corriere della sera del 13 luglio 2008