Sono nove i punti critici del Pianeta

Artico e Groenlandia tra pochi decenni potrebbero restare senza ghiacci.

MILANO – Sono anni ormai che gli scienziati di tutto il mondo sottolineano le terrificanti conseguenze che potrebbe produrre il riscaldamento climatico del nostro pianeta. Adesso un team di 52 studiosi internazionali ha pubblicato una ricerca sulla rivista scientifica «Proceedings of the National Academy of Science» (Pnas) nella quale sono individuati le regioni della Terra più vulnerabili e nelle quali il cambiamento climatico potrebbe causare degli effetti così catastrofici da compromettere l’esistenza dell’intero pianeta

ALTA PERICOLOSITA’ – Gli studiosi affermano che è impossibile stabilire con esattezza quando queste regioni raggiungeranno il “punto di non ritorno”: ciò che è certo è che i “punti critici” della Terra sono nove e gli studiosi li hanno inseriti in tre sottogruppi, individuati a seconda della loro pericolosità. Al primo gruppo, nel quale sono inserite le regioni ad “alta pericolosità” troviamo i ghiacciai dell’Artico e della Groenlandia. Secondo molti studiosi tra pochi decenni, nei mesi estivi, in questi luoghi potrebbero non esserci più ghiacciai a causa dell’aumento della temperatura e ciò potrebbe provocare l’innalzamento degli oceani fino a 7 metri.

MEDIA PERICOLOSITA’ – Al secondo gruppo appartengono sei regioni della Terra definite dagli studiosi a “media pericolosità”. Sono: l’Antartide (se il riscaldamento climatico continua, i ghiacci si scioglieranno completamente nel giro di 300 anni causando l’innalzamento degli oceani fino a 5 metri), la Foresta Boreale e quella Amazzonica (entrambe minacciate dalla deforestazione e dal riscaldamento climatico potrebbero causare l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera), i territori attraversati dalla corrente “El Nino” e quelli del Sahara, dell’Africa Occidentale e dell’India in cui imperversano i monsoni (queste correnti potrebbero diventare ancora più minacciose).

MINORE PERICOLOSITA’ – Infine, al gruppo definito di “minore pericolosità”, appartiene la “Atlantic thermohaline circulation” (le Correnti profonde atlantiche). Il professore Tim Lenton, dell’Università dell’East Anglia, che ha guidato la ricerca sostiene: «La nostra società non si deve sentire al sicuro per il fatto che le proiezioni definiscono il riscaldamento del pianeta un processo graduale. Le nostre ricerche ci suggeriscono che diversi luoghi potrebbero raggiungere il punto di non ritorno in questo secolo a causa del cambiamento climatico prodotto dall’attività umana».

Da “Corriere della Sera” del 5 febbraio 2008