Se la Campania piange per i suoi rifiuti, l’oceano Pacifico non ride di certo, anzi. La più grande discarica del mondo, infatti, è ospitata nelle sue acque. «Un’area enorme, una gigantesca zuppa di plastica», commenta Marcus Eriksen dell’Algalita Marine Research Foundation, che sta studiando questa incredibile ammasso di rifiuti. Al momento, il gioco delle correnti oceaniche ha formato, in realtà, due vortici che racchiudono altrettante discariche, tra loro collegate, formate complessivamente da 100 milioni di tonnellate di plastica. La prima si trova 500 miglie nautiche al largo delle coste californiane e circonda, con il suo micidiale girotondo, le Hawaii. La seconda interessa invece la parte orientale del Pacifico e lambisce le coste giapponesi. «La Grande Massa di Rifiuti del Pacifico — spiega Charles Moore oceanografo e scopritore nel 1997 di questo gigantesco ammasso di spazzatura — sta espandendosi ad un ritmo costante. Si è formata negli anni ‘50 ed è continuamente alimentata dagli scarti che provengono per il 20% da navi e dalle piattaforme petrolifere e per l’80% direttamente dalla terraferma».
Moore si trova attualmente a bordo di Arguita, un catamarano di 15 metri di lunghezza, impegnato in una campagna invernale di studi della Grande Massa di Rifiuti. Partiti il 22 gennaio da Hilo, nelle Hawaii, i biologi stanno raccogliendo campioni di plastica per capire la degradazione di alcune nuove plastiche e analizzare la densità della massa di rifiuti. Durante i mesi invernali, infatti, le correnti tendono a raggruppare la spazzatura, che raggiunge la sua massima concentrazione in primavera; in seguito il gioco delle correnti estive disperderà, in parte, i detriti galleggianti. Arguita e il suo equipaggio si trovano attualmente in una zona centrale della North Pacific Gyre (Vortice del Nord Pacifico), un sistema formato da quattro correnti oceaniche (quella del Nord Pacifico, quella della California, la nord equatoriale e la Kuroshio,) localizzato tra l’equatore il 50˚ di latitudine nord. Questo sistema forma, di fatto, le due discariche.
Precedenti studi di Moore hanno dimostrato che la concentrazione della plastica nella Grande Massa di Rifiuti è di oltre 3 milioni di frammenti per chilometro quadrato. Questi, formati principalmente da monofilamenti di plastiche e da fibre di polimeri, si estendono dalla superficie, sino a circa 10 metri di profondità; qui la loro concentrazione è poco meno della metà di quella in superficie. «La scia di spazzatura è traslucida, aggiunge l’oceanografo, e non è quindi possibile localizzarla dai satelliti. L’unico modo per studiarla è direttamente da un’imbarcazione. Questa enorme massa di rifiuti potrebbe raddoppiare nei prossimi dieci anni, se non si adottano comportamenti più responsabili sia da parte dei consumatori, nell’utilizzo degli oggetti di plastica, che da parte di chi disperde in mare la spazzatura».
«Ho rinvenuto nelle stomaco di uccelli marini accendini, spazzolini da denti, siringhe — sottolinea Marcus Eriksen. Questa enorme massa flottante di rifiuti rappresenta però un pericolo non solo per pesci, volatili, tartarughe e mammiferi marini, ma anche per la vita dell’uomo. La plastica si degrada molto lentamente e frammenti e detriti agiscono come spugne che assorbono composti chimici micidiali per la nostra salute e per quella degli animali, come DDT e policlorobifenili. Ingeriti dagli organismi marini, entrano nella catena alimentare e da qui raggiungono l’uomo».
Secondo l’UNEP, il programma ambiente delle Nazioni Unite, ogni anno, nei mari e negli oceani della Terra, i frammenti di plastica causano la morte di più di un milione di uccelli e di più di 100.000 mammiferi. La plastica costituisce il 90% di tutta la spazzatura che galleggia sulle superfici marine; secondo l’UNEP ogni miglio quadrato di oceano (corrispondente a 2,59 chilometri quadrati), contiene 46.000 pezzi di plastica galleggiante.
Da “Corriere della Sera” del 23 febbraio 2008